Now playing: It was a good day - Ice cube
Ciao giovane padawan,
potente scorre la Forza in te?
Ti sei mai chiesto/a qual è il momento preciso in cui decidiamo davvero cosa fare da grandi? O meglio, c’è mai un momento preciso in cui prendiamo tale decisione? O si tratta, piuttosto, di un processo graduale in cui la nostra volontà si mischia a condizionamenti e input indipendenti dalla nostra capacità decisionale?
Se diamo per vera la prima ipotesi allora abbiamo la consapevolezza di essere artefici del nostro destino, se invece è la seconda a convincerci di più, allora ci rendiamo conto che non tutto dipende da noi. A seconda delle personalità, raggiungere una consapevolezza o l’altra comporta un maggiore o minore carico d’ansia oppure un maggiore o minore sollievo.
Io non ho una risposta a questo annoso quesito, so soltanto che, quando ero un bimbo sognante (lo sono stato anche io!), pensavo spesso a cosa avrei voluto fare da grande. Non sono mai stato uno di quei bambini che spera di diventare un astronauta o un pompiere, no. Per anni ho desiderato fare il giornalista, ma anche il commerciante, ovviamente avrei voluto fare il calciatore, ci sono pure andato vicino, non fosse stato per quel sopravvalutato portierino che risponde al nome di Gigi Buffon!
Quando ho iniziato a lavorare nel magico mondo della comunicazione ho capito che era pane per i miei denti perché non ci si annoia mai, è la professione perfetta per chi è curioso/a di natura. A seconda del progetto che segui, diventi volta per volta esperto/a di pannelli solari, di (new) jersey di cemento armato, di palazzine filippine. Quando poi ho iniziato a scrivere questa newsletter, mi sono appassionato ai temi più svariati: teste che escono dai cessi, separazioni artistiche che finiscono in tribunale, spot che hanno lasciato un segno profondo.
Ho ragionato di tanti argomenti diversi ed ero pronto a scrivere di tutto, tranne che delle elezioni in Groenlandia.
Terra verde? - Diciamoci la verità e NON fare l’ipocrita: ma chi l’ha mai considerata la Groenlandia, con rispetto parlando?
Ok, è l’isola più grande del mondo, ma sappiamo tutti che è una immensa landa di ghiaccio, molto difficile da abitare, che per qualche oscuro motivo (addirittura c’è chi sospetta un tentativo di inganno toponomastico per attrarre coloni) è stata chiamata dai danesi “Grønland” ovvero “Terra verde”.
Tuttavia le recenti mire espansionistiche trumpiane e la crescente domanda di minerali, in particolare delle cosiddette “terre rare”, presenti nel sottosuolo groenlandese, l’hanno posta sotto le luci della ribalta come forse mai era successo nella storia.
Nel frattempo la popolazione dell’isola, in tutto circa 56.000 abitanti distribuiti su un territorio di oltre 2 milioni di km2 (per darti un termine di paragone, l’Italia ha 58 milioni di abitanti spalmati su 300.000 km2), è andata alle urne martedì scorso, per eleggere il nuovo parlamento e il nuovo governo, che avranno compiti piuttosto delicati per il futuro della “terra verde”.
La Groenlandia non è del tutto autonoma, fa parte del Regno di Danimarca, ma dal 1979 si autogoverna, eleggendo i propri parlamentari e il proprio esecutivo. Non essendo questa una newsletter che tratta nello specifico di politica, per quanto un ateniese del 500 a.C. obietterebbe che tutto ha a che fare con la vita della polis, mi sono concentrato sulla campagna elettorale e sul rapporto tra politica e media in Groenlandia.
Lo so, l’ho premesso, non avrei mai pensato di farlo e invece eccoci qua, ma è un argomento incredibilmente interessante, per le peculiarità proprie della grande e gelida isola.
Fa freddo - Il primo dato, lapalissiano, è che in Groenlandia, che la popolazione locale chiama Kalaallit Nunaat (ovvero “terra dei Kalaallit”), fa un freddo becco! Lo so, sembra che io mi stia candidando per l’ennesima volta per il premio GAC, ma questa riflessione di partenza si porta dietro un sacco di conseguenze, anche nel modo in cui i politici fanno campagna elettorale.
Per esempio in Groenlandia è difficile e costoso spostarsi, proprio per le avverse condizioni climatiche, per cui anche i/le candidati/e hanno difficoltà a fare comizi su tutto il territorio groenlandese.
E non è un problema da poco, perché la popolazione non è distribuita in modo uniforme. Esiste un solo grande centro, Nuuk, la capitale, in cui vivono quasi 20.000 persone (Frascati ne conta 22.000, per darti il solito, calzantissimo, termine di paragone), mentre gli altri insediamenti “maggiori” si attestano attorno ai 5.000 residenti, quasi tutti concentrati sulla costa occidentale. Va da sé che i/le candidati/e più importanti si recano solo nei centri più grandi, lasciando agli esponenti locali il compito di fare propaganda nei paesini ghiacciati del resto dell’isola. Come li/e invidio!
I manifesti, poi, vengono affissi solo in alcune aree dei centri maggiormente popolati e solo alla fine della campagna elettorale. Perché? Semplice, perché altrimenti il vento gelato e le temperature rigidissime li rovinerebbero molto velocemente.
Può capitare di vedere degli striscioni colorati, tipo quelli da stadio, riportanti i nomi dei partiti, appoggiati su mucchi di neve ai lati delle strade, magari circondati da plance elettorali improvvisate, fatte di cartone, con i manifesti dei candidati attaccati sopra.
La rivincita dei boomer - E quindi, in un Paese in cui ci sono poche strade, dovunque ti giri ci sono paesaggi ghiacciati, la temperatura inclemente non ti fa venire voglia di uscire, che fai?
Ti informi su internet, no? In particolar modo sui social. E dunque tutti a fare video per TikTok e reel per Instagram? No, assolutamente no, la Groenlandia è il regno di Facebook, come fosse il 2008 in Italia, per la gioia di tutti/e i/le boomer che non vedono l’ora di scrivere “Buongiornissimo, aringa e kaffèèèè?!?!?!”.
Circa l’82% dei groenlandesi ha un account Facebook (e, surprise surprise, la fascia demografica più rilevante è quella degli individui compresi tra i 25 e i 34 anni), il che significa che nell’isola artica fare campagna elettorale sul primo social media della storia ha un peso specifico molto rilevante.
La Groenlandia ha anche la sua star dei social, molto attiva su Youtube, che risponde al nome di Qupanuk Olsen (ti sfido a pronunciarlo correttamente!) sostenitrice dell’indipendenza dalla Danimarca, tema centrale in queste elezioni, ma fermamente contraria al progetto di annessione dell’isola agli Stati Uniti ventilato, anche minacciosamente, da Donald Trump. Si è candidata con Naleraq, il partito più deciso a rendere la Groenlandia indipendente da Copenaghen, che interpreta le avances del Presidente degli USA come un mezzo per accelerare il processo di affrancamento dalla Danimarca.
La sua elezione (al momento in cui scrivo ancora incerta) potrebbe avviare una nuova era per la politica groenlandese, che, come accade già in altre regioni del mondo, sarà sempre più influenzata dalle popolarità dei/delle candidati/e sulle piattaforme social, anche in considerazione delle difficoltà di raggiungere fisicamente gli elettori e le elettrici.
Zitto ateniese! - Giusto per la cronaca (e per tacitare quell’ateniese che mi sussurra all’orecchio che tutto fa parte della vita della polis), le elezioni sono state vinte, a sorpresa, dal partito di centro-destra Democrat, con il 29,9% dei voti. Questa formazione politica è favorevole a una linea moderata riguardo al tema dell’indipendenza dalla Danimarca.
Il secondo partito più votato, il già citato Naleraq (24,5%), ha una linea decisamente più ferma rispetto all’atteggiamento da tenere nei confronti dello stato danese, e questa differenza di vedute potrebbe essere un problema, se i due partiti dovessero cercare di formare insieme una coalizione di governo.
In ogni caso, a prescindere dai risultati, appare evidente che la Groenlandia sia entrata in una nuova fase storica, che probabilmente la porterà in tempi più o meno rapidi all’indipendenza.
Ma queste elezioni hanno anche visto l’inizio di un nuovo rapporto tra politica e media che attribuirà un ruolo sempre più centrale alle piattaforme digitali, ai social media in particolare, attraverso i quali i decisori politici avranno la possibilità di raggiungere e di convincere gli elettori in modo sempre più capillare.
Questa tendenza può solo rafforzarsi e crescere, a prescindere dal destino politico dell’isola più grande del mondo.
Segnalazioni gustose
Un’analisi tecnica molto interessante del post “ReArm Europe” della Commissione Europea di Valentina Tonutti, che, tra le altre cose, è la Social Media Manager di Stefano Nazzi!
Luca Marinelli è talmente eclettico che interpreterà un nuovo personaggio, ma non in un film, neanche in una serie, men che meno a teatro. Interpreterà il soldato Neil all’interno del del videogioco “Death Stranding 2”!
L’agenzia we are social ha pubblicato l’atteso report 2025 sulle abitudini digitali della popolazione italiana e mondiale. Qualche anticipazione? Passiamo in media quasi 6 ore al giorno online, di cui quasi 2 sui social E daje a scrolla’!
Non hai letto l’ultimo numero della Leletter? Recuperalo subito! Ho parlato dell’ondata di contenuti violenti su Meta.
Mi chiamo Emanuele Salè, lavoro nella comunicazione da tanti anni (cit. Stefano Nazzi), sono un imprenditore e un imperatore romano fuori tempo massimo, in questa newsletter scrivo di comunicazione, marketing, pubblicità, ma anche di libri, dischi, serie, cinema e di tutto quello che mi colpisce. Vuoi conoscermi meglio o leggere altri consigli e recensioni? Collegati con me su Linkedin o seguimi su Instagram.
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Ad maiora