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Ciao giovane padawan,
potente scorre la Forza in te?
Come stai (cit. Stefano Rapone)? La settimana scorsa, per la prima volta, non sono riuscito a scrivere la newsletter, per mancanza di tempo, per impegni che mi hanno impedito di concentrarmi, per la necessità di rallentare un attimo. Mi dispiace e mi scuso per l’assenza. Sono perdonato?
E poi non sto benissimo, sai? No, niente di preoccupante, solo un fastidioso stato influenzale che va avanti da un paio di settimane, tra risacche e nuove ondate di bacilli. Ieri mi sono risolto ad andare dal medico, che mi ha fatto una bella visitina e mi ha detto che probabilmente ho una faringite, forse batterica, ma non ne può essere sicuro senza tampone. Poi mi ha misurato la pressione e mi ha detto: “Eh, è un po’ altina, 85/130”.
“Dottore, ma c’entra con la faringite?”.
“No, o meglio sì, uno stato di alterazione può alzare la pressione”.
“E il fatto che io sia venuto qui tutto bardato per non prendere freddo ma fanno 30 gradi, mi sia avventurato nei perniciosi anfratti di quel mezzo di trasporto molto sovraffollato che chiamiamo metro, poi abbia fatto 10 minuti sotto al sole sempre avvolto nella mia caldissima giacca a vento non potrebbe aver alterato la pressione?”.
“Certo, anzi, probabilmente. Però mi dia retta, dopo che le passa la faringite, tenga la pressione sotto controllo”.
Grazie dottore per avermi regalato una nuova e inaspettata ansia, ma iniziamo con la storia della settimana!
Specchio, specchio delle mie brame, chi è il più ghiblizzato del reame?
Qualche giorno fa i feed di qualunque utente di qualunque social sono stati invasi da immagini rielaborate in stile “Studio Ghibli”.
Che vuol dire? In sostanza foto, opere d’arte, fotogrammi di video sono stati riadattati in base ai canoni dell’estetica di uno dei più famosi studi di animazione cinematografica del mondo, guidato da Hayao Miyazaki, un mito per tutti gli appassionati di animazione made in Japan e non solo.
Grazie alle novità introdotte dall’ultimo aggiornamento del modello per la generazione delle immagini di Open AI integrato in ChatGPT, infatti, da un momento all’altro è stato possibile trasformare qualunque immagine in un falso fotogramma di un film dello studio Ghibli.
In realtà è possibile fare molto altro: il modello è stato enormemente potenziato e consente di applicare migliaia di effetti in modo credibile, ma anche di realizzare manifesti, banner pubblicitari, infografiche e grafici quasi perfetti, oltre a inserire testi finalmente corretti. Quest’ultima funzionalità è molto più complessa da realizzare di quanto sembri, perché ChatGPT non “inserisce” un testo come faresti tu su Word, ma ricrea la forma delle lettere, come fossero immagini da replicare.
“E vissero felici e contenti”? Eh no, purtroppo per te la newsletter non è finita perché la questione è molto più complessa di così.
Richiamare esplicitamente degli stili di studi o di aziende i cui prodotti intellettuali sono protetti da copyright (ad esempio si possono trasformare delle immagini in stile Pixar) pone una serie di interrogativi. E chi sono io per non condividerli con te insieme ad alcune considerazioni in merito?
Come fa il modello a replicare quello stile?
Dato che, semplifico, gli LLM, i “motori” delle AI, imparano dai dati che vengono loro sottoposti, c’è il forte sospetto che alle AI “siano stati dati in pasto” film o parti di film dello studio Ghibli o della Pixar, puntate dei Simpson o di South Park, immagini di quadri di qualunque artista, tutto quello che è stato possibile reperire in rete.
Open AI e le altre aziende dietro ai principali LLM avevano l’autorizzazione a usare prodotti coperti da copyright?
Eh, risposta non semplice. Probabilmente no, non ci sono notizie di accordi precedenti, e anche se le normative sul copyright sono state elaborate quando l’AI generativa non esisteva, queste norme proteggono l’autore di un’opera a prescindere da qualunque azione ulteriore, ma poi ci torniamo.
Al di là della questione giuridica, è un’operazione etica?
Non c’è una risposta univoca, In generale sembra un tipo di attività che si muove sul confine sottile tra lecito e illecito, ma che appare sicuramente poco appropriata, soprattutto nei confronti di artisti e artiste che hanno dedicato l’intera carriera e buona parte della propria vita a creare uno stile autentico, riconoscibile e molto personale.
Tribunali e filtri
Sia OpenAI che altre aziende simili sono già in causa con studi, società, artisti, creativi/e e chi più ne ha più ne metta, che ritengono di aver visto violati il proprio diritto d’autore.
Su questa faccenda non mi esprimo perché si devono esprimere i tribunali, posso accennare al fatto che in molti, me compreso, sono convinti che effettivamente i modelli di OpenAI e dei suoi competitor siano stati addestrati con tutto quello che è stato trovato online.
Detto questo, gli algoritmi di ChatGPT sono bene attenti a cassare tutte le richieste di elaborazioni di immagini con lo stile di un artista preciso e vivente, ma autorizzano l’uso di stili di artisti passati al mondo dei più o più generici.
Se provi (e io ho l’ho fatto) a chiederle di trasformare una immagine in “stile Zerocalcare”, ti dice “non si può fare, che sei matto?”. Se gliene chiedi una in “stile Caravaggio” te la genera subito, con risultati discutibili.
Proprio a seguito delle polemiche di questi giorni, sembrano essere stati applicati nuovi filtri, che paiono funzionare in modo altalenante. A un certo punto ChatGPT ha dichiarato di non poter più modificare direttamente una mia foto che aveva già modificato in precedenza mi ha scritto: “Ti confermo: qualsiasi generazione che anche solo accenni a essere collegata visivamente al tuo volto viene intercettata e scartata dai filtri — anche se sei tu a chiederla, con pieno consenso.” Questo è molto strano, renderebbe poco esplorabile tutta una serie di potenzialità, ma sono convinto che stiano facendo delle prove per capire come trovare il giusto mezzo.
O forse sono così brutto da far scattare i filtri? Chi può dirlo!
Il solito circo sui social 😭
Online, in particolare sui social, ci sono state essenzialmente due tipologie di reazioni…e mezza.
La prima è quella di chi è entusiasta delle novità introdotte nel nuovo generatore di immagini integrato in ChatGPT. Queste persone, spesso professioniste interessate a questa tecnologia, hanno illustrato i tanti vantaggi e possibili usi di questo nuovo strumento.
Ad esempio il sempre ottimo “Fefé” Gaito ha illustrato con un tutorial una serie di casi concreti di utilizzo, ma anche i/le ragazzi/e di Datapizza non sono stati da meno, con un carosello pieno di esempi.
La seconda è quella di chi scrive con rabbia e sdegno “Come ca**o vi permettete di saccheggiare il lavoro artistico di una vita, non vi azzardate, il maestro Miyazaki vi verrà a cercare a casa uno/a per uno/a!!!”. E poi postano il fotogramma del documentario “Never ending man” del 2016 in cui il maestro si scaglia contro l’AI dicendo “It’s an awful insult to life”.
Ora, io ho enorme rispetto per Miyazaki e per chiunque crei delle opere d’arte di quella bellezza, però non ho letto un solo commento che esprimesse un dubbio su un’affermazione che definirei almeno discutibile. Vengono citate altre frasi di Miyazaki dal documentario del tipo “Credo che la fine del mondo sia vicina” e “Il disegno a mano è l’unica risposta”. Ecco, io comprendo e rispetto la visione di un artista che ha dedicato la sua intera vita a questa meravigliosa attività, ma sono in forte disaccordo con questa interpretazione catastrofica del progresso tecnologico.
È un po’ insito nell’animo umano rimpiangere il modo in cui si facevano prima le cose. Pensa che Platone, nel Fedro, fa dire a Socrate, più o meno ”Ma ‘nsomma sta scrittura sarà pure utile, però non aiuta la memoria, ma voji mette il caro vecchio discorso orale?”.
La mezza reazione restante è quella di chi ha trasformato qualche sua foto con lo stile dello studio Ghibli, le ha postate su Instagram e si fa beatamente i c…ehm, gli affari propri, infischiandosene delle polemiche.
Non fare finta di niente che mi fai innervosire di più!
Al netto di problemi di copyright vari, vorrei spingerti a fare una riflessione. Sì sì, sto parlando soprattutto con te, che ti sei erto/a a difesa del lavoro degli artisti e dei creativi contro l’appropriazione indebita da parte di queste malvagie tech corporation.
Ok, la tua istanza è più che condivisibile, ma tu la stai usando l’AI? Non mi dire che non hai mai chiesto a ChatGPT una mano per capire come sturare il lavandino o ancora per trovare i posti più belli da vedere in Transilvania e magari anche suggerirti un itinerario che ti faccia evitare di incontrare i vampiri.
Ora, amico/a paladino/a del copyright (NON STO DICENDO CHE SIA OPPORTUNO VIOLARLO, faccio solo un ragionamento) sai quanti milioni di dati servono per addestrare il modello che sta dietro al generatore di immagini di ChatGPT? No? Non ci sono dati ufficiali, ma alcune stime, indicano un numero (un po’ vago) compreso tra centinaia di milioni e alcuni miliardi di immagini. E sai quante sono le immagini prive di copyright disponibili in rete?
Anche in questo caso nessuno lo sa con certezza, ma ho scoperto che esiste una Convenzione firmata a Berna nel 1886, niente meno, che tutela le opere senza che l’autore/autrice debba fare nulla di specifico. Questo vale, ovviamente, anche per internet, quindi la stragrande maggioranza delle immagini online è protetta da copyright.
Tornando a noi, tu stai usando quotidianamente, anche se prima hai cercato di dissimulare, alcuni strumenti legati all’ AI. Questa si basa sulla “masticazione” di dati per lo più trovati online, e la maggior parte di questi è protetta da copyright.
Come ne usciamo? Perché, in sostanza, l’AI per funzionare ha bisogno di questi dati, altrimenti non sarebbe altrettanto efficace e avrebbe tempi di sviluppo molto più lunghi. Forse le compagnie tipo OpenAI potrebbero accordarsi con associazioni di categoria per pagare un forfait agli/alle artisti/e e a posto così? Beh, è un’idea.
Oppure, per coerenza, smettiamo tutti di usare l’AI, ci stai?
Elon Musk vende X a xAI
Eh sì, a quanto pare questa mossa potrebbe proprio rendere più semplice l’addestramento di Grok e affini senza incappare in grandi proteste per la violazione di copyright.“La città proibita” è una figata pazzesca
Ma proprio pazzesca, se ti piacciono i “film di menare” all’orientale, i “Kung Fu movie” diciamo, ma non vuoi rinunciare a una bella commedia all’italiana, questa è la pellicola giusta. E bravo Mainetti!
Non hai letto l’ultimo numero della Leletter? Recuperalo subito! Ho parlato della quasi chiusura di Voice of America da parte dell’amministrazione americana.
Mi chiamo Emanuele Salè, lavoro nella comunicazione da tanti anni (cit.), sono un imprenditore e un imperatore romano fuori tempo massimo, in questa newsletter scrivo di comunicazione, marketing, pubblicità, ma anche di libri, dischi, serie, cinema e di tutto quello che mi colpisce. Vuoi conoscermi meglio o leggere altri consigli e recensioni? Collegati con me su Linkedin o seguimi su Instagram.
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E se esistesse una via di mezzo che è: ok usare l’AI per scrivere i tuoi post su Ig, ok fargli domande su come aggiustare le lavatrici (tanto, comunque, avrai bisogno di un idraulico) ma gli stili unici e definiti di un illustratore o una illustratrice, fumettista, pittore e pittrice li lasciassimo ai legittimi proprietari?
Capisco che l’AI vada istruita, che abbia bisogno di materiale per vivere e che in teoria tutte le cose che produce sono di altre persone prese qua e là ma perché dobbiamo essere tuttз Zerocalcare, Caravaggio o Miyazaki?!
Ps. La fine del mondo di cui parla Miyazaki è strettamente legata al concetto di dolore in quel documentario, quindi il senso non è “Se usiamo l’AI moriamo tuttз” (esagero eh) ma è più “se l’AI rappresenta così il dolore, senza conoscerlo, senza sapere nulla della sofferenza quotidiana di una persona disabile, e così via, allora arriverà la fine del mondo”. Che sì, magari è eccessivo (ma teniamo pure conto della sua giapponesità) però è un pelo diverso.