Now playing: Mother - Pink Floyd
Ciao giovane padawan,
potente scorre la Forza in te?
Questo weekend sono tornato in campagna, da mio padre, nella casa in cui sono cresciuto.
Ogni volta che vado è strano, sembra sempre che il tempo lì scorra più lentamente. È come se la vita rallentasse, a casa di mio padre, perlomeno se faccio il paragone con i ritmi frenetici che vivo quotidianamente.
C’è sempre un camino acceso, a casa di mio padre, e a ragion veduta, perché fa molto più freddo che a Roma. Ci sono sempre il “vino buono”, delle grosse pagnotte, della pasta all’uovo, il vecchio setter sempre più acciaccato, che mi saluta come se mi aspettasse da una vita, come fossi il suo scopo di vita.
C’è sempre l’inverno a casa di mio padre, o almeno una stagione un po’ rigida, magari l’autunno, magari l’inizio della primavera. Nonostante io abbia vissuto lì per tanti anni, nonostante io vada a trovarlo anche nei mesi estivi, nella mia mente quella casa è un po’ come se fosse un dominio degli Stark. Sarà perché è difficile da scaldare, sarà perché in inverno c’è il fuoco da accudire, non lo so. Però la associo molto anche al disgelo, al momento in cui la natura si scuote e dice all’inverno “Dai su, scansati che è ora di tornare” e picchietta i rami di gemme che di lì a poco esploderanno in colori tenui ma fermi, come chi è lì per restare.
A volte penso alla teoria della relatività, per quello che ne ho capito, al fatto che più ci si avvicina alla velocità della luce più il tempo rallenta, fino a fermarsi del tutto.
Forse casa di mio padre viaggia a una velocità prossima a quella della luce.
C’è un posto che ti fa lo stesso effetto?
Un po’ di storia che non fa mai male - Quando le cose si sono messe male per l’italia durante la Seconda guerra mondiale, tutti coloro che volevano informazioni su quanto stesse davvero accadendo si mettevano in ascolto, a volumi quasi impercettibili, della cosiddetta “Radio Londra”.
Con questa denominazione si indicavano quelle trasmissioni della BBC in varie lingue destinate ai popoli europei che vivevano schiacciati sotto il tallone delle dittature nazi-fasciste. Ma la controinformazione degli alleati non passava soltanto attraverso Radio Londra, c’era anche un’altra emittente radiofonica che portava speranza ai popoli oppressi: era Voice of America (VOA), creata da Franklin Delano Roosevelt (il mio presidente USA preferito, altro che Kennedy!) nel 1942.
Queste radio furono molto importanti per portare nelle case italiane, tedesche e delle altre nazioni del continente la versione dei fatti degli angloamericani, ma anche solidarietà e fiducia nel futuro. Quando la guerra terminò, le trasmissioni continuarono, orientandosi più su temi culturali e di intrattenimento, contribuendo alla progressiva americanizzazione dell’Europa del secondo dopoguerra.
Tuttavia, finita la guerra guerreggiata, ce n’era un’altra che si stava profilando rapidamente all’orizzonte: sto parlando, ovviamente, della Guerra fredda tra USA e URSS. Voice of America, che a quel tempo aveva iniziato a trasmettere anche in tv, rappresentò un canale privilegiato di comunicazione con i popoli che vivevano negli stati comunisti del mondo, dalla Cina a Cuba, passando per la Corea del Nord.
Terminata anche la Guerra fredda, il governo federale si chiese se VOA avesse ancora ragion d’essere, e la risposta deve essere stata affermativa, dato che fu la prima emittente radiotelevisiva del mondo a iniziare a svolgere, nel 1994, le proprie funzioni con regolarità anche su internet.
Negli anni ‘10 ci sono stati alcuni tagli e le trasmissioni in alcune lingue sono state chiuse, ma nel complesso l’emittente continuava a funzionare e a informare. Nel febbraio del 2022, ad esempio, in seguito dell’aggressione russa dell’Ucraina, l’accesso al sito di VOA è stato bloccato nell’ex URSS, ma grazie alle sante VPN i cittadini russi hanno potuto continuare a navigare sul sito di VOA.
Insomma, da questo breve excursus appare chiaro come Voice of America abbia rappresentato un pezzo molto importante della storia mediatica americana, specie in rapporto con popolazioni sottoposte a regimi autoritari.
E poi, un venerdì di marzo del 2025, Voice of America è stata silenziata, come ha ricordato il suo ultimo direttore, Michael Joshua Abramowitz, con un ordine esecutivo del Presidente degli Stati Uniti.
Come è successo? Ora ti spiego.
Lo shutdown di Voice of America - Lo scorso fine settimana, Donald Trump (e chi sennò) ha firmato un ordine esecutivo con cui ha decretato “l’eliminazione al massimo grado previsto dalla legge” di Voice of America, non potendo chiuderla definitivamente (solo il Congresso può), ma di fatto bloccandone le attività.
Oltre a VOA, hanno subito questa triste sorte anche le altre emittenti pubbliche (Radio Free Europe/Radio Liberty, the Office of Cuba Broadcasting, Radio Free Asia, the Middle East Broadcasting Networks and Open Technology Fund) facenti parte della “US Agency for Global Media”, che è stata, nel complesso, fortemente ridimensionata e “depotenziata”.
La natura di queste emittenti poteva forse apparire strana ai nostri occhi, ma era molto statunitense nella concezione: pubbliche, sotto il controllo del Congresso, ma indipendenti dallo Stato per quanto riguarda la linea editoriale (insomma, un po’ come se la Rai non fosse controllata dai partiti. Lo so, sembra fantascienza!).
Inoltre, condizione estremamente peculiare, non operavano all’interno del territorio americano,ma avevano l’esplicito obiettivo di portare la Voce dell’America alle popolazioni sottoposte a regimi poco democratici, diciamo così, o comunque avversi al Governo a stelle e strisce. Intendiamoci, VOA era anche uno strumento propagandistico americano, perlomeno a livello culturale, che tuttavia riusciva a proporre un punto di vista estremamente diverso da quello che potevano avere le persone abituate a un’unica verità, quella del dittatore di turno.
Conseguenze - Beh, innanzitutto, come è immaginabile, tutti i giornalisti che lavoravano per le emittenti della US Agency for Global Media sono stati messi in “congedo amministrativo” fino a nuovo ordine, stiamo parlando di 3500 persone in tutto, 1300 solo quelle che lavoravano per VOA, che rischiano seriamente di essere licenziate a breve.
Ci si chiede, poi, quale sia stata la molla per questo attacco dell’Amministrazione Trump, a primo impatto poco comprensibile, nei confronti di Voice of America e “sorelle minori”.
Al fulvo Presidente americano queste testate non sono mai piaciute, proprio per la loro indipendenza e per la difficoltà a controllarne la linea editoriale, secondo lui troppo vicina al Partito Democratico. Già nel suo primo mandato aveva espresso una certa contrarietà alle emittenti pubbliche, non volendo o non riuscendo a intervenire direttamente, ma in questi primi, movimentatissimi mesi, ha dato priorità alla loro chiusura, con l’avallo e la spinta di Elon Musk, impegnato in una frenetica attività di smantellamento di molti dipartimenti e agenzie federali.
È un precedente pericoloso? Beh vedi un po’ tu, è stata chiusa un’emittente pubblica che esisteva da più di 80 anni, da sempre impegnata nel propagandare l’american way of life nel mondo, soltanto perché non allineata alle posizioni dell’attuale Amministrazione. Mi sembra abbastanza grave, tu che ne pensi?
Volevo chiudere con una frase ad effetto ma non me n’è venuta una che non mi sembrasse stupida e mentre scrivevo questa newsletter mi sono intristito. Alla prossima settimana, se Trump non decide di chiudere pure la scomoda Leletter!
Dove si prendono le decisioni
Bella campagna di CoorDown in occasione della Giornata Mondiale della Sindrome di Down, con cui si chiede che le persone con disabilità partecipino ai processi decisionali.
La lampada di Apple che sembra un cartone animato
Apple ha rilasciato il prototipo di una lampada-robot pucciosissima che assomiglia tanto a quella della Pixar, che riesce a esprimere delle emozioni pur non avendo un viso (grazie alla segnalazione della newsletter “Polpette” di Luca Vanz).
Calcio tra le macerie
Un video veramente toccante con cui la Federazione calcistica palestinese annuncia la sua partecipazione alle qualificazioni per i mondiali del 2026 mostrando alcuni bambini che giocano a calcio tra le macerie di Gaza.
Non hai letto l’ultimo numero della Leletter? Recuperalo subito! Ho parlato della difficile campagna elettorale in Groenlandia.
Mi chiamo Emanuele Salè, lavoro nella comunicazione da tanti anni (cit.), sono un imprenditore e un imperatore romano fuori tempo massimo, in questa newsletter scrivo di comunicazione, marketing, pubblicità, ma anche di libri, dischi, serie, cinema e di tutto quello che mi colpisce. Vuoi conoscermi meglio o leggere altri consigli e recensioni? Collegati con me su Linkedin o seguimi su Instagram.
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Ad maiora