Now playing: GEMINI - BLK ODYSSY, Jackie Giroux
Ciao giovane padawan,
potente scorre la Forza in te?
Venerdì sono stato alla mostra di Botero…no, aspetta. Sabato ho passato una bella giornata, in effetti fare delle gite fuori Roma…mhm, no. Domenica ho cucinato una pasta con la zucca che toglieva la parola… no, non va.
Diciamocelo, scrivo questa introduzione mercoledì mattina, con meno ore di sonno del solito alle spalle, e un unico pensiero fisso: non ci posso credere.
Sì ok, i sentori c’erano, i timori pure, ma è difficile spiegare l’inspiegabile. E no, non sto parlando delle pessime prestazioni della Roma dopo l’esonero di Daniele De Rossi, argomento che pure meriterebbe un approfondimento, o della piaga dei vini naturali, quasi equiparabile a un castigo biblico, ma della vittoria di Donald Trump alle elezioni presidenziali americane.
È sempre meglio non commentare a caldo, dare al tempo la possibilità di mitigare opinioni e riflessioni, però dai, ma veramente è successo? Nonostante segua da sempre la politica statunitense non so come orientarmi. Quello che è successo, secondo me, sfugge alla razionalità, perlomeno in parte, ha a che fare con l’istinto, l’irrazionale, è un rigurgito di tutti le pulsioni più feroci presenti nell’animo umano che finalmente vedono la possibilità di emergere, di essere avallate da qualcuno che le accetta per quello che sono e dà loro una patente di legittimità.
La conseguenza positiva di tutto questo è che ora Kamala Harris può venire ad allenare la maggggica, magari con lei torneremo a vincere!
PS - la prossima settimana la Leletter non ci sarà, per una serie di impegni personali e professionali che mi impediscono di dedicarmici, se senti la nostalgia delle mie argute riflessioni puoi leggere o rileggere una vecchia Leletter!
Il tema della settimana: i media si devono schierare nella competizione politica?
Premessa - Anche se ti può sembrare strano, negli Stati Uniti è piuttosto comune che un giornale “faccia un endorsement”, quindi appoggi pubblicamente il candidato in cui l’editore e la redazione si riconoscono maggiormente. Questo sostegno non è considerato, tradizionalmente, in contrasto con l’etica giornalistica, perché per l’opinione pubblica americana schierarsi non significa perdere di obiettività, né diventare una testata faziosa. Anche se tutti i quotidiani hanno un’appartenenza politica di massima, non è detto che il/la candidato/a prescelto/a appartenga all’area di riferimento.
Il fatto - Il Washington Post (WP), il Los Angeles Times (LAT) e diversi altri quotidiani locali e nazionali (tra cui anche USA Today) non hanno voluto esprimere una preferenza per uno dei due candidati alla Casa Bianca.
Soprattutto per il Washington Post e per il Los Angeles Times questa è una decisione inconsueta, considerando che il primo si è sempre schierato dal 1988 e sempre a favore dei democratici, il secondo ha avuto una lunga tradizione repubblicana, per poi schierarsi a favore dei democratici a partire da Obama. Con il senno di poi mi e ti chiedo: quanto ha pesato questa decisione sul risultato finale?
Le polemiche - A questa decisione sono seguite numerose polemiche in primis all’interno delle redazioni degli stessi giornali. Al WP diversi editorialisti si sono espressi contro la decisione della proprietà, alcuni si sono dimessi, tra cui Robert Kagan, notissimo politologo statunitense, mentre ben 200.000 persone hanno disdetto il proprio abbonamento.
Al LAT le conseguenze sono state analoghe, con le dimissioni di alcune firme storiche, tra le quali anche quella di Mariel Garza, direttrice degli editoriali, e la perdita di numerosi abbonamenti.
Ma perché? - La domanda che sicuramente ti starai facendo è: perché questa improvvisa “timidezza”? Eh, c'è chi sostiene che sia sempre più difficile spiegare gli endorsement agli elettori e che, per mantenere un'informazione indipendente, sia meglio restare neutrali. E poi c’è chi ritiene che invece sia una scelta dettata dalla paura di sostenere il/la perdente e inimicarsi il/la futuro/a Presidente, contro cui, con pessimo tempismo, ci si è schierati.
Questo vale, a maggior ragione, se i proprietari dei giornali in questione gestiscono anche altre attività in ambiti in cui è molto importante mantenere dei buoni rapporti con il Governo.
Ad esempio, l’editore del Washington Post è, surprise surprise, nientepopodimeno che Jeff Bezos, proprietario di un sitarello di e-commerce che forse conosci, Amazon, e di un’azienda che si occupa di “turismo spaziale”, Blue Origin, che ha l’assoluto bisogno di mantenere delle ottime relazioni con l’Amministrazione americana, di qualunque colore sia.
E quello del Los Angeles Times? Si dà il caso che Patrick Soon-Shiong, questo il suo nome, sia anche il titolare di una serie di aziende che operano in campo sanitario e che hanno bisogno di una Food and Drugs Administration (FDA) amica.
In sintesi - Non credo che per un giornale schierarsi significhi necessariamente perdere di obiettività. Se la scelta è motivata consente ai lettori di inquadrare la propria posizione politica attraverso delle lenti razionali, senza fingere di non parteggiare per nessuno.
Sostenere non significa essere faziosi, anzi, si può essere estremamente critici con i candidati che si decide di appoggiare, se si mantiene una coerenza intellettuale. Al contrario, non prendere posizione non sempre è un atteggiamento imparziale, se questa equidistanza serve solo a fare “bandwagoning”, come diceva il mio professore di Relazioni Internazionali, ovvero ad allearsi con il più forte, magari dopo che le elezioni avranno decretato chi sia questo più forte.
Non preferiresti sapere chi sostiene il giornale che segui o il sito di news che apri tutti i giorni invece di vederlo fermo su una posizione di irreale neutralità, almeno fino al giorno delle elezioni, per poi, magari, osservarlo salire di corsa sul carro del vincitore?
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Se hai perso l’ultimo numero della Leletter puoi recuperarlo qui, ho parlato un po’ dello sharenting e del family vlogging e dei pericoli per i minori che si portano dietro.
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Mi chiamo Emanuele Salè, lavoro nella comunicazione da tanti anni (cit. Stefano Nazzi), sono un imprenditore e un imperatore romano fuori tempo massimo, in questa newsletter scrivo di comunicazione, marketing, pubblicità, ma anche di libri, dischi, serie, cinema e di tutto quello che mi colpisce.
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Ad maiora