Now playing: Plug in Baby - Muse
Ciao giovane padawan,
potente scorre la Forza in te?
La scorsa settimana mi è arrivata una email lapidaria dalla mia palestra con oggetto: “LA TUA CHIAVE È STATA BLOCCATA DAL SISTEMA”.
Così, un messaggio in maiuscolo, urlato, aggressivo, senza precedenti avvertimenti, senza neanche un po’ di gentilezza. Mi hanno spiegato che il loro software non solo non prevede alert o reminder di nessun genere, ma neanche un controllo in automatico delle scadenze dei documenti.
C’è un essere umano che trascorre parte del suo tempo lavorativo a scorrere i nominativi degli/delle iscritti/e (che sono circa un migliaio) e, quando trova qualcuno a cui il certificato medico è scaduto, procede a disattivare manualmente la sua chiave elettronica per l’accesso autonomo e a inviargli quella email dal brutale oggetto. Le automazioni, quelle belle.
Dopo la prevedibile incazzatura, mi sono rassegnato a cercare un medico che mi facesse l’elettrocardiogramma. Per semplificare ho chiesto se ne avessero uno convenzionato con la palestra. “Sì”, mi ha risposto la gentile impiegata, “a Centocelle”. Comodo, ho pensato, considerando che dista circa 7 km.
Comunque sia, lunedì sera vado. Arrivo in questa strada stretta, piccola e anonima, in cui non c’è nulla, se non questo ingresso dai vetri opachi, fuori dal quale c’era un uomo di una cinquantina d’anni, vestito in modo casuale (no, non “casual”, proprio “casuale”), che fuma.
Mi fa accomodare in una stanzetta riscaldata a bomba, si siede, non ha il camice, non c’è traccia di lauree sulle pareti. Mi fa appoggiare le mani attorno a un dispositivo sul cui display vedo apparire la sincopata curva di un elettrocardiogramma. Mi dice “Ottimo, ottimo: 52”. Per un attimo penso a una citazione errata della “Risposta alla domanda fondamentale sulla vita, l'universo e tutto quanto” e invece no, sono le mie pulsazioni. Si mette a compilare il certificato, su un foglio che pare strappato da un block notes, poi mi guarda e io lo guardo di rimando.
“Ha il bancomat?”.
Allarga le braccia, un’espressione sconsolata, stupita, delusa.
“Ok, ho anche i contanti”.
“Damme 30 euro” esclama, sollevato, sorridente, ripresosi dal grande spavento.
Esco.
Ho il mio certificato.
La notte autunnale di Centocelle mi accoglie gelida, incurante, solida.
52.
Ottimo.
Il tema della settimana: pronti/e a vivere senza internet? Non esageriamo, però…
Nel weekend 16-17 novembre che facevi? Io probabilmente pensavo alla caducità della condizione umana, ma nel mentre, nel Baltico, ben due cavi sottomarini in fibra ottica sono stati danneggiati, a breve distanza l’uno dall’altro. Per l’esattezza i due cavi collegano la Lituania alla Svezia (BCS East-West Interlink) e la Finlandia alla Germania (C-Lion); l’ipotesi di un improvviso guasto a entrambi, quasi in simultanea, è immediatamente apparsa come poco probabile.
E allora cos’è successo? Non si sa per certo, ma sembra essere stato un atto di sabotaggio, la cui principale indiziata, anche a detta dei governi svedese e danese, è un’imbarcazione cinese, la Yi Peng 3, che proprio in quei giorni si trovava in corrispondenza dei cavi e che ha percorso una rotta un po’ arzigogolata, di non semplice interpretazione.
Questa nave è talmente sospetta che la marina danese l’ha fermata mentre transitava nelle sue acque, nello stretto che separa la Danimarca dalla Svezia, il Kattegat (ed è subito Vikings).
Ad aumentare la diffidenza nei confronti di questa nave c’è la circostanza che questa fosse partita dal porto russo di Ust-Luga, che, come sicuramente sai, si trova vicino a San Pietroburgo. Insomma, anche se nessuno ha lanciato un’accusa formale, il forte sospetto è che questa nave, su mandato del Cremlino, abbia compiuto un atto di sabotaggio deliberato per creare criticità, rendere più difficile l’accesso a informazioni e servizi online, innalzare il livello della tensione. Pare di leggere un romanzo di Jo Nesbø, ve’?
Ma che so’ sti cavi? - A questo punto mi sono chiesto: ok, ma di preciso, che so’ sti cavi?
Allora, uno pensa che internet sia nell’aria, libera e fluttuante come una farfalla magica, e invece no, il 97% della connessione internet è fisicamente trasportata da cavi: grossi cannoli di plastica ripieni di fibra ottica, srotolati da enormi rocchetti trasportati da navi che lentamente li adagiano sui fondali marini. E sì, lo so che tu invece hai il modem wireless, ma prima di arrivare a casa tua la connessione passa sotto agli oceani. Secondo te come si connettono due server che stanno uno a Los Angeles e uno a Tokyo? O il tuo pc e il sito del New York Times?
In nessun modo, se non li colleghi fisicamente. Certo, c’è l’alternativa della connessione satellitare, ma ha due problemi fondamentali: costa molto di più e disperde parecchio segnale. Pian piano, forse, il nuovo villain della tecnologia, Elon Musk, riempirà l’orbita terrestre di satelliti di Starlink e allora questa tipologia di connessione rappresenterà una reale alternativa, ma per ora, l’unica infrastruttura che ci consente di connetterci sono i cavi. E mica solo quelli della fibra ottica. Ci sono anche quelli dell’energia, che trasportano la corrente da un continente all’altro. In tutto, a dare fastidio ai pesci degli oceani e dei mari, ci sono 426 cavi sottomarini, lunghi, nel complesso, 1,3 milioni di km!
Cioè, ti immagini che giganteschi grovigli potrebbero formare?
La guerra dei cavi? - Ah, mi sono dimenticato di sottolineare come i tracciati di questi cavi siano di pubblico dominio. Lo so che ora ti stai facendo la mia stessa domanda: ma quindi se tutti sanno dove si trovano questi cavi, tutti possono sabotarli, no? Sì, purtroppo è proprio così, anche perché è impossibile sorvegliare gli 1,3 milioni di chilometri di cavi. Interrompere queste autostrade di dati potrebbe avere effetti devastanti sull’economia, sui servizi ma anche sulle comunicazioni militari. Le nazioni che maggiormente utilizzano la rete internet sarebbero le più colpite, quelle del Nord America e dell’Europa in primis, mentre alcuni paesi retti da regimi dittatoriali, come Cina e Russia, già da tempo hanno allentato i collegamenti con le reti esterne.
È un fenomeno conosciuto come “splinternet”, la creazione di una Rete chiusa, un’internet nazionale.
Il sabotaggio dei cavi sottomarini è una mossa da guerra asimmetrica già da tempo all’attenzione dei servizi di intelligence e dei governi di diversi stati occidentali. Lo scorso settembre alcuni funzionari statunitensi, parlando alla CNN, avevano paventato un possibile sabotaggio da parte della Russia ai cavi sottomarini, per danneggiare l’economia di USA ed Europa, dato che molte transazioni e operazioni finanziarie avvengono in Rete.
E non sono soltanto alcuni stati a spaventare l’Occidente, ma anche gruppi militari e paramilitari instabili, come i ribelli yemeniti Houthi i quali, con buona probabilità, anche se non lo hanno mai confermato, alla fine dello scorso febbraio hanno tranciato quattro cavi sottomarini nel Mar Rosso. Le conseguenze sono state piuttosto gravi, dato che le autorità preposte hanno dovuto reindirizzare circa il 25% del traffico internet tra l’Asia e l’Europa (il Mar Rosso è un passaggio nodale nelle rotte tra i due continenti), con conseguenti enormi rallentamenti e disservizi.
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Mi chiamo Emanuele Salè, lavoro nella comunicazione da tanti anni (cit. Stefano Nazzi), sono un imprenditore e un imperatore romano fuori tempo massimo, in questa newsletter scrivo di comunicazione, marketing, pubblicità, ma anche di libri, dischi, serie, cinema e di tutto quello che mi colpisce.
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