Tra il lamento del boomer e l’ipersensibilità dello zoomer
E i millennials se so’ sistemati - Leletter N.103
Now playing: Sudno - Molchat Doma
Ciao giovane padawan,
come stai? Com’è andata la tua settimana? La mia è stata piuttosto tranquilla, anche se c’è un non so che che mi pungola dentro. Sarà la primavera? Sarà l’approssimarsi del mio compleanno? Saranno le rotture di co**ioni? Chi può dirlo! Lunedì sera sono andato a vedere Luca Bizzarri, che porta in teatro “Non hanno un amico”, sulla falsariga dell’omonimo podcast. Non sapevo bene cosa aspettarmi, è stato uno spettacolo davvero bello, del genere “fa ridere (tanto) ma anche riflettere”. Bizzarri ha una caratteristica quasi unica: è in grado di ironizzare su temi molto delicati senza mai sconfinare nel “lamento del boomer” né scivolare nella “ipersensibilità dello zoomer”. Si tiene a debita distanza da entrambe, le sfiora, le accarezza senza mai cadere nell’una o nell’altra, cercando una propria, terza via; che devo dire sento molto vicina alla mia sensibilità. Più che una via è un sentiero sottile, un viottolo sterrato ma libero da ostacoli, in cui analizzare e riflettere a partire dalla propria esperienza ma senza essere fagocitati dalla malinconia-del-tempo-che-fu, senza neanche confondersi con lo zeitgeist imperante. Non è una postura intellettuale facile da trovare e soprattutto da mantenere, ma il mondo ha bisogno di persone testarde. E ha bisogno anche di chi riesce ad apprezzare la bellezza che si cela nella più compromessa delle società, magari tra le pieghe di una vecchia canzone di un vecchio cantautore, come “L’orologio americano” di Ivano Fossati, citata alla fine dello spettacolo. Beh, dove volevo arrivare con questa premessa non saprei, mi sento più confuso del solito, ma il consiglio che ti do, giovane padawan, è di aprire gli occhi, le orecchie e aguzzare ogni genere di senso per riuscire a porti le domande giuste.
Le risposte non importano, tanto poi, alla fine, si condensano in una e una sola, quella che spiega la vita, l’universo e tutto quanto: 42. Iniziamo con le news che oggi la vedo malissimo!
1. Neuralink ce l’ha fatta: è iniziata l’era dei cyborg?
Una delle aziende più ambiziose di Elon Musk sembra avercela fatta: il 20 marzo Neuralink ha diffuso un video che mostra un uomo di 29 anni, Noland Arbaugh, paralizzato dalle spalle in giù a causa di un incidente subacqueo, muovere con il pensiero il mouse di un computer. Arbaugh ha detto di essere molto contento di far parte di questo esperimento, di imparare cose nuove ogni giorno e che gli sembra di “usare la Forza”, citando Star Wars e il modo in cui Jedi e Sith riescono a spostare gli oggetti senza toccarli. Il video, comparso, manco a dirlo, su X, è stato girato da un ingegnere di Neuralink in modo piuttosto artigianale e vuole celebrare il successo dell’operazione con cui una Brain-computer interface (BCI) è stata connessa al cervello del paziente. Riagganciandomi a quanto scrivevo la settimana scorsa, queste notizie testimoniano che tutto quello che abbiamo pensato appartenere a un futuro lontano si sta concretizzando in pochissimo tempo. La possibilità di far interfacciare il cervello umano con un computer apre degli scenari inimmaginabili. Innanzitutto chi è affetto da disabilità potrà recuperare, in tutto o in parte, le funzionalità compromesse, inoltre ogni persona potrà espandere le proprie abilità in modi finora inesplorati. Ci troviamo all’inizio di quella che sarà definita “L’era dei cyborg”?
2. La crisi di Tinder e la vecchiaia dei millennials
Incredibilmente anche le dating app possono entrare in crisi. È un po’ controintuitivo, perché il motivo di base per cui le persone utilizzano questo tipo di applicazioni non sembra poter venire meno, ma a quanto pare non è così. Le dating app stanno perdendo quote di mercato, in particolare Match Group, che possiede Tinder e altre famose app del settore, ha perso addirittura l’80% del proprio valore negli ultimi 3 anni! Ok, ma perché? Innanzitutto per una mera questione generazionale. Da circa 10 anni le dating app spopolano, soprattutto grazie all’entusiastico utilizzo da parte dei millennials, che però stanno invecchiando e spesso si sono sistemati/e, anche grazie alle suddette app. La Gen Z, questo animale mitologico difficile da individuare e definire con chiarezza, tipo il Cosmopavone, non sembra avere un buon rapporto con Tinder, Bumble & co., preferisce usare app non progettate con lo scopo preciso di scop…ehm, di far incontrare le persone, tipo Instagram o TikTok. E dunque queste applicazioni sono destinate a scomparire? Non sono Nostradamus, quello che è sicuro è che stanno facendo di tutto per evitare di fare “la fine del sorcio”, provando a introdurre alcune novità all’interno di piattaforme che sono rimaste da anni uguali a se stesse. Ci riusciranno? Che ne so io, lo scopriremo nei prossimi anni!
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Marie Kondo per Barilla. Aspe’, in che senso?
Marie Kondo, la donna più odiata da Zerocalcare, colei che ha fatto dell’arte del riordino una ragione di vita, la persona che ha ispirato migliaia di ossessivi/e a essere sempre più rigorosi/e, è la nuova testimonial di Barilla per una campagna pubblicitaria realizzata da LePub. In occasione del Global Recycling Day, il gruppo emiliano ha pubblicato uno spot in cui Marie Kondo mostra come utilizzare i pacchi di pasta come contenitori per spedire i vestiti usati rivenduti online.
La pubblicità è molto efficace perché è strutturata come una serie di tutorial che mostrano quali formati di packaging utilizzare e come piegare i vari tipi di vestiti. Questo tipo di comunicazione, inoltre, vuole mettere l’accento sulla necessità di ridurre l’impatto ambientale, a seguito dell’aumento del volume degli acquisti online, soprattutto nel settore dell’abbigliamento di seconda mano. Sono stati anche contattati/e content creator e influencer che dovranno provare a replicare le tecniche di Marie Kondo, in modo da dare continuità alla campagna e accedere a audience fino a quel momento non raggiunte.
Un’operazione pubblicitaria decisamente vincente, che non promuove direttamente il prodotto, ovvero la pasta, che anzi resta un po’ sullo sfondo, ma il suo packaging. Questo, iconico e fortemente rappresentativo, con un pizzico di creatività potrà essere riutilizzato per il bene dell’ambiente ma anche di Barilla stessa, che vedrà così il proprio marchio spedito, letteralmente, in giro per il mondo.
A Toronto IKEA usa le case vere come showroom
A Toronto l’agenzia Rethink ha realizzato per IKEA un’originale campagna pubblicitaria, per promuovere il suo nuovo negozio al centro della città. Nella metropoli canadese, così come nella maggior parte delle città del mondo, gli store del brand svedese si trovano in periferia e i suoi abitanti hanno la sensazione che i suoi prodotti siano pensati soprattutto per case con spazi grandi. Per contrastare questa percezione e per recuperare quote di mercato, IKEA ha aperto un punto vendita in una zona centrale della città, ma ha deciso anche di mettere in atto una campagna pubblicitaria quasi da guerrilla marketing. L’azienda svedese ha selezionato una serie di piccole case del centro della città e ne ha utilizzato le finestre come fossero foto di un “catalogo vivente”, evidenziando i mobili presenti all’interno dell’abitazione con indicazione di prezzo e una cornice bianca che riporta la scritta “Made for downtown living” (“Fatti per la vita in centro”). L’utilizzo di appartamenti reali per questa sorta di cartelloni pubblicitari animati dà un senso di concretezza inusitato alla campagna, che mostra come i mobili di IKEA possano arredare anche spazi ristretti. I dati hanno avallato l’efficacia di questo tipo di iniziativa, denominata “Windows shopping”, con un incremento del 41% del flusso di persone dirette al negozio. Io non so se vorrei che casa mia fosse trasformata in un cartellone pubblicitario, dovrei mettere in ordine in continuazione, sarebbe un incubo!
Le pubblicità della birra cilena dentro Star Wars
Abbiamo visto due iniziative pubblicitarie creative ed efficaci, che inconsciamente tendiamo a collegare sempre alle ultime tendenze, ma anche in passato ci sono stati esempi molto originali di advertising. Grazie all’ultima edizione di Edamame, la newsletter di Mattia Marangon, sempre interessante, sono venuto a conoscenza di alcune vecchie pubblicità, a dir poco geniali, della Cristal, una birra cilena. Questi spot sono stati girati ad hoc per essere inseriti nel corso della proiezione dei film di Star Wars, in modo da porsi in continuità con la narrazione. Ad esempio, la prima volta in cui Obi-Wan Kenobi parla con Luke Skywalker, rivelandogli di conoscere il padre, si alza per prendere la spada laser di Anakin da un baule. Cristal ha realizzato uno spot pensato per incastrarsi in quel punto preciso, per cui, quando il baule viene aperto, appaiono tante birre al fresco nel ghiaccio e le mani del vecchio Jedi ne afferrano una, mentre parte un irresistibile jingle.
Dato che sono generoso, ti lascio una carrellata di queste pubblicità create ad hoc, a te il compito di capire a quale episodio si riferiscono. Ahimé solo il primo esempio linkato è doppiato in spagnolo, peccato perché sentire Star Wars diventare “La guerra de las Galaxias” è strepitoso!
Immaginati un podcast diverso, un podcast settimanale che ricordi le atmosfere di un gran varietà degli anni ’70-’80, tipo Canzonissima o Fantastico, con tanto di orchestra e conduttore patinato. Immaginati che questo contenitore, ostentatamente blasé, ospiti in realtà un format molto contemporaneo, in cui il presentatore, che altri non è che quel zuzzurellone di Jonathan Zenti, approfondisca a modo suo una notizia a settimana, andando oltre, creando connessioni, spingendoci a riflettere. Ecco, quel podcast indipendente è “Totale” e Nagency, la mia agenzia di comunicazione, ne è orgogliosamente sponsor unico. A metà di ogni puntata puoi anche sentire la nostra “reclame”, nel senso che l’inserzione pubblicitaria è modellata sullo stile di quelle di quegli anni, in particolar modo su quella della pellicceria Annabella!
È finita la Leletter, evviva la Leletter! Vuoi farmi bere una birra cilena al bar di Star Wars? Basta che rispondi alla email con cui ti è arrivata.
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Ad maiora,
Emanuele