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Now playing: Only shallow - My Bloody Valentine
Ciao giovane padawan,
potente scorre la Forza in te?
Quanti traslochi hai fatto nella vita? Quante volte ti sei trovato/a a fare l’inventario delle cose da buttare e di quelle da tenere, a mangiare su una sedia pieghevole con il piatto sulle ginocchia, a dormire in mezzo agli scatoloni? Non una bella sensazione, vero? Nella mia vita ho traslocato tantissime volte, in modi più o meno ortodossi, ad esempio una volta ho convinto la mia compagna di allora a non preparare gli scatoloni “per comodità”, ma a trasferire la maggior parte dei nostri beni all’interno dei bustoni di Ikea, con conseguente impennata del numero di viaggi necessari.
Da quando abbiamo la nostra agenzia ho aggiunto ai traslochi personali anche quelli aziendali e questo fine settimana abbiamo di nuovo, obtorto collo, dovuto mettere mano agli avvitatori e alle brugole, perché chi ci affittava lo spazio, a sua volta, si trasferisce. Con riluttanza ma consapevoli che è la soluzione migliore, almeno nel breve periodo, abbiamo deciso di “remotizzarci”, di lavorare da casa, insomma, in attesa di trovare una soluzione che ci piaccia davvero. Non siamo né i primi né gli ultimi, e so che per noi non è una soluzione definitiva, però io che sono cresciuto in un altro mondo professionale, quello in cui si veniva ogni singolo giorno in ufficio, soffro un po’ ad accettare questa situazione. Intendiamoci, apprezzo molto lo smart working, l’alternanza tra lavoro in ufficio e lavoro da casa, ma non avere proprio una sede fisica un po’ mi destabilizza.
E poi questo “essere in remoto” mi inquieta. In remoto dove? Siamo forse finiti nelle profondità dello spazio? Siamo in una dimensione metafisica? O magari siamo Intelligenze (?) Artificiali che credono di essere umane, ma mancano proprio della dimensione fisica che per prima distingue la carne dai byte? Nescio, sed fieri sentio et excrucior.
Liberté, intelligenté, artificialé - Come si racconta una rivoluzione? No, non sto parlando di sale della pallacorda, prese della bastiglia, forconi e ghigliottine e neanche di colossali infusioni di tè a largo di Boston, ma di rivoluzioni tecnologiche.
Quando una nuova tecnologia inizia a diffondersi ha bisogno di divulgatori/divulgatrici che ne magnifichino le opportunità, che ne raccontino l’evoluzione, che ne celebrino l’ascesa.
Chi si trova a vivere una rivoluzione non sempre ha la contezza di essere in un punto di svolta della storia, anzi, è proprio grazie al racconto che la rivoluzione prende forma, perlomeno dal punto di vista della collettività.
Da due anni e mezzo, ci troviamo a vivere un’epoca di profondo e repentino cambiamento (non è un po’ la definizione di rivoluzione?), per quello che possiamo comprendere, assistendo ancora a una fase embrionale del fenomeno. Ma, essendo noi abitanti del XXI secolo, siamo esposti a un rumore mediatico senza precedenti attorno alle due parole d’ordine della rivoluzione: Intelligenza Artificiale.
Tornando alla domanda iniziale: come si racconta una rivoluzione? Come si racconta il cambiamento epocale che promette e minaccia di stravolgere il nostro modo di vivere? Ho provato a dare una risposta osservando quello che fanno gli alfieri della rivoluzione, i content creator italiani che, in vario modo, cercano di descrivere i profondi mutamenti in atto.
L’entusiasmo prima di tutto, ma scandito bene - Se c’è una caratteristica che accomuna quasi tutti coloro che si occupano di AI a livello divulgativo è l’entusiasmo.
Non si può, a quanto pare, approcciare questa materia senza essere spumeggianti, carichi/e di energia e ricchi/e di stupore. Bisogna assumere toni trionfalistici, quasi messianici, probabilmente per mantenere alta l’attenzione degli utenti, spingerli a vedere il video, a leggere la newsletter, ad ascoltare il podcast. Questo significa spingere l’hype sempre più in alto, esagerare, spararla più grossa possibile, provare a trasmettere lo stesso livello di passione di Giorgio Mastrota che propone una batteria di pentole e una bici con il cambio Shimano.
Per questo si scelgono sempre titoli e sottotitoli a dir poco altisonanti, tipo “Era fantascienza e ora è realtà”, “VEO 3 è fuori di testa”, “Questo è pazzesco”, “Ho creato un agente AI connesso a TUTTO e capace di TUTTO”, “RIVOLUZIONE: ora ChatGPT può cucinarti una cena gourmet”. Sono tutti titoli reali tranne uno che ho inventato sul momento, riesci a capire quale?
Altra caratteristica comune, anche se ci sono alcune eccezioni, è un eloquio molto lento: i/le content creator parlano quasi tutti/e in modo molto scandito, come se stessero interagendo con uno/a straniero/a o una persona che ha difficoltà di comprensione. Se acceleri i video di questi tutorial a 1.5x o, nei casi più estremi, a 2x, quasi non ti accorgi della differenza.
Ultimo elemento comune: quasi tutti/e mostrano piccoli e artigianali tutorial su quello che si può fare con lo strumento e la novità del momento. Sono esempi spesso molto semplici, in alcuni casi banali, volti a illustrare le potenzialità in modo molto ampio e non troppo complesso, alla portata di chiunque, insomma.
I bardi dell’AI - Ma chi sono, quindi, questi personaggi che hanno invaso tutti gli ambiti mediatici disponibili, dai social alle newsletter, dai siti agli eventi live? In parte, come in ogni rivoluzione che si rispetti, sono vecchi divulgatori ed esperti di tech che hanno trovato nuova linfa e nuovi spunti nel racconto della rivoluzione dell’intelligenza artificiale. D’altra parte se Joseph Fouché ha attraversato senza battere ciglio Rivoluzione Francese, Impero bonapartista e Restaurazione, perché un Marco Montemagno qualunque non può riciclarsi? In questa macrocategoria inserirei, oltre al già citato ex giornalista ligure di Sky, il sempre-sia-lodato Giorgio Taverniti, e poi, forse più di tutti, Raffaele Gaito, divulgatore salernitano già molto noto, che in tempi record monta video tutorial illustrativi delle novità più importanti nel panorama dell’AI.
Ci sono poi le nuove leve, che non lo sono necessariamente in senso anagrafico, ma sono quei/quelle content creator divenuti/e popolari grazie al vento nuovo dell’AI. Tra questi/e citerei Vincenzo Cosenza, compassato glossatore delle novità dell’Intelligenza Artificiale e Simone Rizzo, giovane appassionato e competente, che fa più video di quanti tweet facesse Gasparri ai tempi d’oro della sua presenza social.
Say my name - Il racconto di una rivoluzione, secondo me, ha quasi la medesima importanza dell’evento in sé. Nel presente iperconnesso di oggi il modo in cui osserviamo e poi rappresentiamo la realtà influenza anche la realtà stessa, un po’ come accade nella meccanica quantistica (e mi fermo qua, d’altronde ti sembro Heisenberg? No, non quello di Breaking bad…).
Quindi mi chiedo: è questo il modo giusto di raccontare la rivoluzione dell’AI? Intendiamoci, non solo rispetto i/le creator che fanno ottimamente il loro lavoro divulgativo, anzi, li/e seguo con interesse e traggo molti spunti dal loro ottimo operato, che oltretutto è gratuito (almeno in parte).
No, la questione che mi pongo è un’altra: possibile che non esista un filone narrativo nell’ambito del quale si rifletta su come i cambiamenti tecnologici stanno cambiando il mondo? Questi/e content creator svolgono ottimamente la funzione di divulgatori/trici, dedicandosi alle funzionalità degli strumenti tecnologici e alla loro applicazione pratica, ma di tutto il resto chi se ne occupa? Come mai, se non in casi rari ed eccezionali, nessuno riflette in modo organico sugli effetti sociali, culturali, psicologici ed economici che questo cambiamento sta già portando con sé?
Quando c’è stata la Rivoluzione industriale il mondo era privo di moltissimi mezzi di informazione di cui oggi disponiamo, però si è sviluppato un dibattito acceso, esteso e articolato che ha dato il via a una serie di riflessioni che hanno portato, nel corso degli anni, allo sviluppo di nuovi sistemi economici, inattesi rivolgimenti sociali, rivoluzionarie (è il caso di dirlo) correnti politiche. Non ci si è limitati a dire “PAZZESCO: il telaio meccanico cambia tutto!” oppure “5 pratici consigli per inserire il treno a vapore nella tua routine quotidiana!”.
Sì, lo so, mi vuoi dire che non sono periodi storici né tecnologi paragonabili e che ci sono voluti anni per sviluppare quel tipo di riflessioni. LO SO, la mia intenzione non è né quella di accostare eventi distanti 2 secoli e passa, né quella di voler proporre una “pausa tecnologica di riflessione”, diciamo così.
A me il progresso piace tantissimo, in fondo sono un nerd “un po’ stagionato ma dal cuore sempre giovane” (cit), però sono fermamente convinto che le nuove tecnologie debbano essere dei mezzi attraverso cui la società evolve e che questa trasformazione debba essere parte centrale del racconto di questo cambiamento.
Soffermarsi solo sulle potenzialità del nuovo modello di ChatGPT o di Midjourney mi sembra un po’ limitante, non credi? È un po’ come se di fronte all’invenzione del telefono ci fossimo concentrati solo sull’affidabilità della bachelite utilizzata o sulla qualità dei microfoni e non sulle incredibili trasformazioni che avrebbe provocato la possibilità di potersi parlare, in tempo reale, a distanza di migliaia chilometri.
Insomma, è chiaro che “CAMBIA TUTTO”, ma spieghiamo pure per chi, come, quando e perché!
Starlink in Iran
Elon Musk ha “acceso” Starlink sull’Iran, in modo da consentire alla popolazione dell’antica Persia di connettersi a internet, evitare la censura governativa, favorire la circolazione delle idee contrarie al regime degli ayatollah. Lo fa per il popolo iraniano o per favorire la caduta del regime dando una mano a Israele e ai suoi alleati, in primis gli USA? Lascio a te il compito di provare a dare una risposta a questa domanda!
Addio all’autoradio?
Ma tu la usi ancora l’autoradio? Insomma: ascolti la radio in macchina, che sia in Fm o in Dab+? Io, onestamente, sempre di meno, nonostante il mio amore viscerale per la radio, e credo che questa sia una tendenza generale. Anche alcune case automobilistiche sembrano essersene accorte, tanto da produrre dei modelli di auto che NON prevedono la possibilità di installare un’autoradio, ma solo un collegamento bluetooth, per permettere l’ascolto di musica in streaming e podcast. L’Agcom se n’è accorta, ha chiesto al governo di intervenire. Vedremo quale sarà il destino dell’autoradio, sul lungo periodo non la vedo bene.
Non hai letto l’ultimo numero della Leletter? Recuperalo subito! Ho parlato della caduta di Burgez e della critica di Riccardo Pirrone.
Mi chiamo Emanuele Salè, lavoro nella comunicazione da tanti anni (cit.), sono un imprenditore e un imperatore romano fuori tempo massimo.
In questa newsletter scrivo di comunicazione, marketing, pubblicità, ma anche di libri, dischi, serie, cinema e di tutto quello che mi colpisce. A volte scrivo anche cose sensate.
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